Il nome della nostra associazione viene da un breve parabola detta da Gesù e raccolta, assieme ad altre parabole che parlano del Regno dei cieli, nel capitolo 13 del Vangelo di Matteo. In questa parabola Gesù ha paragonato il Regno dei cieli a “un tesoro nascosto nel campo”. Il Regno dei cieli è lo scopo di tutta l’opera del Signore, la perfezione del nostro rapporto con Dio.
Il tesoro di cui ci parla il Signore è quindi qualcosa di immensamente prezioso, perché si tratta del nostro rapporto con Dio. La parabola ci dice inoltre che il campo che contiene questo tesoro può essere acquistato. Certamente, però, non lo possiamo acquistare con i nostri soldi o con le nostre opere, perché un rapporto d’amore non si compra con il denaro. Questo campo lo si acquista quando gli si dà il valore che ha, quando ci si rende conto, cioè, che vale molto ma molto di più di tutto quello che possediamo. “Il principio della sapienza è: acquista sapienza; sì, a costo di quanto possiedi, acquista intelligenza” (Proverbi, 4:7).
Anche per mezzo del profeta Isaia il Signore ci invita ad acquistare ciò che è buono e duraturo .”O voi tutti che siete assetati, venite alle acque; voi che non avete denaro venite, comprate e mangiate! Venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte!” (Isaia, 55:1 )
E Gesù ha detto che l’uomo che ha trovato quel tesoro “per la gioia che ne ha, va e vende tutto quello che ha, e compra quel campo” (Matteo, 13:44).
La parabola del tesoro nascosto ci parla del regno di Dio, cioè del nostro rapporto con Dio, quando lo riconosciamo come l’unico vero Re, e del nostro rapporto con il nostro prossimo. Perché il nostro Signore è un re che si è preso veramente cura del suo regno, cioè del suo popolo. Il campo siamo noi, noi e il nostro prossimo. Noi che, come dice l’apostolo Paolo, “abbiamo questo tesoro in vasi di terra” (2Corinzi, 4:7).
Il nostro rapporto con Dio dipende infatti anche dal nostro rapporto con gli altri (e viceversa). Amando e rispettando il nostro prossimo come desideriamo essere amati e rispettati noi, possiamo entrare in quel regno che consiste in “giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Romani 14:17) e scoprire quel tesoro che tutti possiamo trovare ascoltando la parola di Dio come la parola dell’unico vero Signore.
Spiegando un’altra parabola, Gesù parla del buon terreno in cui la parola di Dio può crescere e portare frutto come di “un cuore onesto e buono” (Luca, 8:15). Il nostro cuore sono i nostri pensieri e i nostri sentimenti, cioè i nostri rapporti con gli altri. È scritto nei Proverbi “come il viso si riflette nell’acqua, così il cuore dell’uomo si riflette nell’uomo” (Proverbi, 27:28). Anche in italiano, un uomo di cuore è una persona che si mette nei panni degli altri, perché sa che anche gli altri hanno (o possono avere) un cuore come il suo, con pensieri, sentimenti, sofferenze e preoccupazioni molto simili ai suoi.
Nei Proverbi è anche scritto “chi acquista senno [in realtà l’originale è proprio lev, “cuore”] ama se stesso” (Proverbi, 19:8a). Amando il nostro prossimo come noi stessi, impariamo infatti ad amare Dio e a entrare così nel suo amore. L’amicizia fraterna, che nasce e cresce dal considerare non l’esteriore ma il cuore del fratello (in cui Cristo vive, come vive in noi) è quindi quel campo che nella parabola quell’uomo vende tutto per acquistare. Il campo quindi si può acquistare, ma a patto però che non diamo più ai nostri affari e al nostro nome l’importanza che il mondo ci insegna a dare. Gesù ce l’ha detto esplicitamente, spiegando ancora un’altra parabola: “fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste” (Luca, 16:9).
Tutto questo sembra troppo semplice? Troppo a portata di mano? Per questo la parabola parla di un tesoro nascosto. Gesù stesso ha esclamato in preghiera: “Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli” (Matteo, 11:25). Le cose di Dio sono per tutti quelli che le cercano veramente. Per conoscere il nostro Creatore non dobbiamo usare telescopi o microscopi, né compiere lunghi viaggi o interminabili letture. Tutto ciò può forse essere necessario per essere considerati sapienti e intelligenti agli occhi degli uomini, ma non per avere la vera sapienza, che stabilisce e mantiene il rapporto con Dio. “La sapienza sta davanti a chi ha intelligenza, mentre gli occhi dello stolto vagano agli estremi confini della terra” (Proverbi, 17:24).